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Uno degli elementi caratterizzanti delle manifestazioni dei cosiddetti “forconi” sono stati l’utilizzo e l’identificazione dei partecipanti con il tricolore e l’inno di Mameli, vistosamente mostrato e/o “intonato” non solo dalle forze dell’estrema destra presenti, ma anche da molti altri soggetti. Questi aspetti sono stati molto evidenti anche nella città di Torino.

 

Inno Nazionale (una garbata provocazione)

di Giorgio Carlin

Il Nostro non mi è mai andato giù.

Una musica da circo con parole di insensata retorica, francamente ridicolo.

Infatti non l'ho mai cantato. Neanche da militare, quando all'alzabandiera i miei compagni erano allineati sul piazzale e tutti si doveva cantare, loro urlavano il Mameli ed io, sottovoce ma non troppo, l'Internazionale. Come metrica non è che ci stesse troppo ma a me dava soddisfazione. Sono convinto che i sottufficiali che passavano in rassegna la truppa se ne fossero accorti, ma fingevano di non badarci.

Forse è opportuno ricordare che eravamo il Primo scaglione del 1968. L'anno prima avevano ucciso il Che, maretta c'era fuori ed anche dentro le caserme e quindi gli ufficiali preferivano, o avevano ricevuto l'ordine, di non sfrucugliare troppo. “Sono ragazzi..”.

Comunque mi indigna ancora che nella patria del bel canto, con una storia che raggiunge i livelli di Verdi e Puccini gli stessi Resistenti non abbiano saputo scegliere meglio. Dov'era Massimo Mila? Mi dicono che l'opposizione a scegliere Mameli era tutta di destra, e che comunque era un povero ragazzo, normalmente imbevuto di retorica classica -secondo i suoi tempi- ma morto eroicamente a 22 anni nella difesa della Repubblica Romana. Avercene oggi!

OK, ma mica si può scegliere un Inno nazionale per compassione..

Sarebbe bellissimo il Coro di Verdi, dicono che non va perché è un coro di esuli che sognano una patria perduta..

Perché, noi che siamo?

IL vero problema è che piace troppo anche ai leghisti, ed a quel punto intonare con una mano sul cuore la stessa cosa che canta Calderoli non si può proprio vedere.

 

E passare direttamente all'Europa? Come non riconoscersi nell'Inno alla Gioia di Beethoven? Temo che sia l'Europa a non riconoscersi più molto. Lasciando fare alla Troika sta diventando un Inno all'Austerità, alla Mortificazione. Volendo esagerare un Inno alla Macelleria sociale.. Gloria nell'alto dei cieli ai Mercati Finanziari!

 

Una soluzione ci sarebbe, e di grandissima classe.

L'Inno musicalmente più bello -perché meno retorico e più dolente- l'unico con un testo antimilitarista, è orfano.

Fu composto da Hanns Eisler immediatamente dopo la Liberazione, un grande compositore ed un uomo coraggioso, coerente fino al sacrificio (stiamo parlando di un musicista e questa dote non si è quasi mai vista..). Niente a che vedere con la retorica stalinista, e le drammatiche involuzioni che il suo paese avrebbe avuto in seguito. Molto vicino, invece, all'amico Bertold Brecht ed alle prime speranze degli esuli ritornati dagli USA.

E' l'Inno della DDR, la ex Repubblica Democratica Tedesca[1].

Ormai è anche libero da diritti.

Basta tradurne le parole.

Che sono di Pace, Solidarietà, Ricostruzione dalle Rovine e Lavoro, insomma un po' generiche ma che in un inno nazionale decente ci devono stare: nel Nostro non ci sono.


 

[1]    Pochi sanno che i versi dell'inno composto da Hanns Eisler furono scritti durante il regime nazista dal poeta pacifista Johannes Becker. I versi fortemente pacifisti e che invocano una Germania unita, furono sempre meno intonati dopo la costruzione del muro di Berlino. Dall'avvento al potere di Honecker , durante le cerimonie ufficiali, l'inno fu solo musicato.

 

 

Vedi anche l'articolo di Antonio Moscato

Il tricolore sui forconi

Consideriamo inoltre molto inquietante in proposito, e da non sottovalutare, l’arrivo mercoledì scorso in piazza del Popolo a Roma del corteo degli attivisti di Casa Pound, coi volti foderati col tricolore, al di là della debolezza complessiva di quella manifestazione.

L’idea che esistano interessi comuni tra tutti gli italiani è una falsità ed una mistificazione che da sempre non solo la destra, ma l’intera classe dominante porta avanti per giustificare e difendere i propri interessi. Fin dal suo sorgere il movimento dei lavoratori e delle classi oppresse ha conquistato forza ed autonomia nella misura in cui conquistava la coscienza dei suoi interessi di classe, demistificando l’inganno del “siamo tutti sulla stessa barca” e denunciando tutto questo come arma dei padroni. Non ci sono interessi comuni tra gli sfruttati e gli sfruttatori. Per questo non condividiamo le posizioni di quelli che, a sinistra, sottovalutano questi aspetti simbolici presenti nelle manifestazioni dei giorni scorsi, espressione dell’egemonia ideologica della classe dominante (nelle sue diverse varianti) che si esercita sulla grande massa della popolazione. Il punto più alto di vuota retorica patriottarda è stato infatti raggiunto proprio a Torino durante l’anniversario dell’unità d’Italia con l’imbandieramento totale della città.

Pubblichiamo quindi volentieri due articoli, il primo di Giorgio Carlin che affronta, divertendoci, le “qualità estetiche musicali”, dell’Inno di Mameli,  il secondo di Antonio Moscato, che ricostruisce il significato del tricolore nella storia dell’Italia.

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