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15 settembre 1973. Risoluzione dl Segretariato Unificato della Quarta Internazionale

 

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Premessa

 

Si tratta di una riflessione a caldo del settembre 1973 e a tutto campo sull’appena avvenuto golpe in Cile e sugli insegnamenti da trarre della tragedia. Gli avvenimenti dimostrano quanto sia illusoria, dal punto di vista sia dei fondamenti oggettivi sia delle possibilità politiche, la prospettiva di una fase democratica, antioligarchica e antimperialista cui la borghesia o suoi settori importanti sarebbero interessati e alla cui realizzazione potrebbero, dunque, contribuire. Nessuna borghesia può andare al di là di riforme del tutto limitate, che non ledono affatto gli interessi fondamentali dell'imperialismo e, per di più, è disposta a porsi su questo piano solo a condizione di avere la garanzia assoluta di controllare rigorosamente il processo e di poter soffocare ogni dinamica autonoma del movimento di masse. Le misure parziali ledono molteplici interessi senza sradicarli e quindi alimentano inevitabilmente reazioni da parte di forze tuttora dotate di ogni sorta di risorse e di alleanze. Ancora una volta si è avuta la prova che è impossibile guadagnare l'alleanza della piccola borghesia se si mantiene un atteggiamento conciliante, se non si offre una prospettiva anticapitalista. Gli avvenimenti dimostrano l'assurdità dell'ipotesi di un possibile passaggio al socialismo senza infrangere l'apparato statale complessivo che le classi dominanti hanno concepito e articolato nel modo più efficace per assicurare in definitiva la prosecuzione del loro sistema di sfruttamento e di oppressione. Non si tratta di negare l'uso tattico di possibilità legali, si tratta di comprendere la perentoria e improrogabile necessità di costruire organismi rivoluzionari di democrazia proletaria, elementi potenziali di un dualismo di poteri, strumenti della lotta per la conquista del potere ed embrioni delle strutture politiche qualitativamente nuove dello Stato operaio.

 

 

Uno scontro inevitabile

A partire dalla sconfitta della classe operaia boliviana al momento del colpo di Stato di Banzer nell'agosto del 1971, il Cile era divenuto l'epicentro delle contraddizioni e delle lotte nell'America latina e il movimento rivoluzionario internazionale seguiva gli avvenimenti cileni con la consapevolezza che una prova di forza sarebbe stata in definitiva inevitabile.

Questa prova di forza –preparata da due anni di scontri parziali, ma di asprezza crescen-te e preannunciata dal colpo di Stato fallito del giugno scorso– si è prodotta drammaticamente l'11 settembre scorso, per iniziativa delle forze armate, congiunte in un attacco criminale alla classe operaia, alle sue organizzazioni, alle sue conquiste antiche e recenti, ai diritti democratici più elementari. Migliaia e forse decine di migliaia di morti a Santiago, e in altre zone del Cile, hanno segnato questa nuova manifestazione della barbarie delle classi dominanti cosiddette nazionali e dell'imperia-lismo, che ancora una volta hanno dimostrato con l'eloquenza del sangue di subordinare qualsiasi considerazione politica giuridica e più semplicemente umana, alla difesa feroce ed intransigente dei loro interessi minacciati.

Un'ennesima riprova drammatica dei pericoli cui il capitalismo, storicamente in agonia, espone l'umanità! Un' ennesima riprova del carattere ignominiosamente mistificatorio dei “princìpi” e dei “valori” di una società di sfruttamento e di oppressione! Un'ennesima riprova delle conseguenze catastrofiche per la classe operaia della speranza illusoria e irresponsabile di un passaggio “pacifico” e “democratico” al socialismo in un mondo in cui, da oltre cinquant'anni, si susseguono in ogni continente guerre locali o generali, convulsioni rivoluzionarie, repressioni sangui-nose, controrivoluzioni, dittature fasciste o militari!

 

Il progetto di Unidad Popular e la dinamica del movimento di massa

Il programma di Unidad Popular pro-spettava una azione riformatrice e moder-nizzatrice nel quadro del sistema capitalistico ed era presentato dai suoi sostenitori come il preludio alla fase in cui sarebbe stato all'ordine del giorno il passaggio al socialismo. Per questo erano incluse nella coalizione forma-zioni di origine borghese e, soprattutto, veniva ricercata una collaborazione con settori della borghesia e con le formazioni politiche che li rappresentavano e veniva riaffermata la fedeltà completa al regime costituzionale preesistente.

Per questo settori della borghesia –che avevano sostenuto un corso moderatamente riformista sotto la presidenza di Frei– decidevano di consentire l'esperimento Allende, nel quadro di condizioni definite nelle trattative condotte nell'autunno del 1970, dopo le elezioni del 4 settembre, che non preve-devano alcun mutamento dell'apparato militare. Quasi a simboleggiare una certa continuità nell'azione riformatrice, Unidad Popular non proponeva una nuova riforma agraria, limi-tandosi a perseguire un'applicazione più sistematica e rapida della riforma Frei.

Ma la vittoria elettorale e l'avvento di Allende alla presidenza venivano interpretate dalle larghe masse come una sconfitta di proporzioni storiche inflitta all'avversario. Di fatto si venivano creando rapporti di forza nuovi, più favorevoli che mai in passato alla classe operaia, ai contadini poveri e agli strati di piccola borghesia radicalizzata.

L'attuazione delle riforme previste nel programma e il colpo sferrato alla proprietà imperialista nel settore delle miniere costi-tuivano per il movimento di massa uno stimolo ulteriore. Ben presto si delineava la tendenza ad urtare contro il quadro del riformismo preconizzato da Allende e dalla coalizione: gli operai volevano espropriare fabbriche che avrebbero dovuto restare al settore privato, mentre i contadini davano una loro interpre-tazione estensiva della riforma agraria. Era chiaro che la dinamica della lotta di classe tendeva rapidamente a svilupparsi secondo la logica degli interessi fondamentali, comin-ciando ad infrangere gli schemi prospettati.

Anche i settori della borghesia che erano stati favorevoli all'Unidad Popular cominciavano a percepire il pericolo cui erano esposti non la “libertà” del popolo cileno o gli elementari diritti democratici, ma i suoi inte-ressi di classe sfruttatrice. Dopo vicende alterne cominciavano a schierarsi all'opposizione, da un lato con l'uscita dei gruppi politici più conservatori dell'Unidad Popular dal governo, dall'altro con l'adozione da parte della D.C., di una politica di critica aggressiva fino a un vero e proprio ostruzionismo.

Via via che i conflitti si acutizzavano, l'azione di squadre fasciste e la sobillazione in funzione reazionaria di settori di piccola borghesia, diventavano uno strumento politico largamente utilizzato. L'imperialismo, in primo luogo quello americano, faceva la sua parte con ricatti, pressioni e manovre finanziarie di ogni genere.

Così si giungeva progressivamente a una contrapposizione nitida delle forze antago-niste con l'oscillazione e divisione dei ceti piccolo-borghesi. La borghesia ripudiava ormai il progetto riformista, spaventata dalla dinami-ca del movimento di massa; il proletariato lottava per allargare le brecce aperte nel siste-ma e affermare il suo potere; l'Unidad Popular, pur auspicando un accordo e ricercando dispera-tamente un compromesso, non poteva accettare la capitolazione che le era richiesta, che avrebbe significato il suo distacco dalle masse e quindi la sua fine.

 

La borghesia sceglie la strada del colpo di Stato militare

Il sostanziale fallimento del disegno democristiano di costringere Allende alla resa con prove di forza parziali e con l'erosione progressiva di settori importanti della sua base di massa –fallimento messo in luce dalla conclusione delle lotte dell'ottobre del 1972, dall'esito delle elezioni di marzo e dall'in-capacità di mobilitare nella campagna demago-gica e sabotatrice di giugno più che un' aliquota irrisoria di minatori di El Teniente– riproponeva alla D.C. e allo schieramento borghese in generale il problema della strategia di fondo: potevano permettersi ancora di rispettare le forme costituzionali e di sfruttare i meccanismi dell'apparato statale per contrastare e paralizzare Allende, o dovevano ormai porsi sul terreno del colpo di Stato?

L'insuccesso del colpo del 29 giugno, al di là di possibili errori o contrattempi tecnici, rifletteva la persistente indecisione della borghesia, la sua differenziazione interna, le esitazioni delle stesse forze armate. Ma il colpo del colonnello Souper provocava un'imponente mobilitazione delle masse che raggiungevano un livello di radicalizzazione senza precedenti.

Oltre un migliaio di fabbriche venivano occupate dagli operai che, valorizzando gli strumenti di democrazia proletaria costituiti dai cordones industriales, organizzavano il loro controllo politico e la loro difesa e procla-mavano la loro volontà di non restituire ai proprietari neppure le fabbriche incluse teorica-mente nel settore privato. Contemporaneamen-te si operava un salto qualitativo nella coscien-za della necessità di armarsi per fronteggiare qualsiasi attacco reazionario.

La borghesia cilena avvertiva immedia-tamente che si era giunti a una svolta cruciale. Aveva subìto un duro colpo al suo potere economico, vedeva delinearsi una situazione di dualismo di poteri e il formarsi di milizie operaie. In accordo con l'imperialismo america-no, decideva di passare dagli scontri parziali alla prova di forza decisiva, dall'utilizzazione di tutti i trucchi legali e di tutte le manovre ostruzionistiche all'uso delle armi. Le trattative delle ultime settimane avevano probabilmente lo scopo di guadagnare tempo o di verificare in extremis la possibilità di costringere Allende a una capitolazione a freddo.

Siccome Allende non poteva né voleva capitolare a freddo e il movimento delle masse non  rifluiva, il colpo veniva scatenato con la determinazione che, dal punto di vista della difesa degli interessi degli sfruttatori, una situazione estremamente pericolosa e una straordinaria mobilitazione delle masse rende-vano necessaria.

La classe operaia si è opposta al colpo di Stato con un coraggio e uno spirito di sacrificio che resteranno nella storia del movimento operaio internazionale. Le fabbri-che sono state difese con le armi dagli attacchi dei militari, nuclei di resistenza si sono creati nel centro stesso di Santiago, nei quartieri, i gruppi di soldati e marinai provenienti dalle classi popolari e non disposti a seguire gli ordini dei loro capi criminali, si sono eroica-mente ribellati. Nonostante l'impiego massiccio di strumenti di sterminio e veri e propri massacri, la resistenza continua ancora mentre scriviamo questo testo. La classe operaia di tutti i paesi e la stessa opinione pubblica genericamente democratica hanno espresso la loro indignazione e la loro condanna con una rapidità su scala di massa senza precedenti.

Il movimento operaio latino-americano che già nel luglio scorso aveva registrato un duro colpo in Uruguay, ha subìto una sconfitta di grandi proporzioni che, nel caso di un conso-lidamento del nuovo regime militare, peserebbe seriamente sui rapporti di forza in tutto il continente

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